Fare la wedding planner è un lavoro duro e difficile, in cui non basta solo (credere di) avere buon gusto e i contatti giusti per potersi mettere ad organizzare i matrimoni altrui.
Chi si approccia al mondo wedding, inizia (quasi) sempre con la convinzione che avendo organizzato bene il proprio matrimonio, ed essendosi divertita a farlo, si possa replicare questo meraviglioso periodo anche facendosi pagare, quindi guadagnando facendo il lavoro che si ama. Si continua, però poi, scoprendo che da insider le regole del gioco sono altre e nessuno te le aveva spiegate.

Va tanto di moda, in questo particolare periodo storico, pretendere di dire la verità su alcune situazioni finora considerate “perfette”.
Mi viene l’esempio relativo all’essere mamma, forse perchè ho poco più di 30 anni e le mie amiche che iniziano la frase con “ti devo dire una cosa…” la finiscono sempre con l’annuncio della gravidanza.
Preciso: amo essere zia, sono nata per fare la zia quindi sono sinceramente contenta per tutte!

Tutte hanno sempre saputo che “è il lavoro più difficile del mondo” e che “si impara ogni giorno”, ma da qualche anno a questa parte sembra fondamentale far sapere anche a chi mamma non è quale tortura sia avere un figlio.

Mi rendo conto che cercano di farlo in maniera simpatica ed ironica, che l’obiettivo iniziale delle pioniere nel settore mommy-blog è quello di sfatare qualche mito, ma siamo passati dal raccontare come è veramente la gravidanza (con flautolenze, appesantimento, problemucci intimi vari mai confessati pubblicamente) al lamentarsi per ogni cosa che il piccolo principe tanto desiderato combina.

Io non ho figli – ma ho una splendida Canetta pelosissima- e leggere troppe verità sulla maternità mi sta facendo passare del tutto la voglia di mettere al mondo un esserino. Piuttosto, mi prendo un altro Chihuahua (no, non ho detto cane, ho detto proprio Chihuahua, la razza che amo alla follia e che è, per me, la migliore).

Allo stesso modo, ti voglio raccontare che fare la wedding planner NON vuol dire assaggiare tutti i giorni splendide torte o prove menù, non è visitare tutte le location della tua zona, non è partecipare agli eventi (!) mondani del settore.

Fare la wedding planner NON vuol dire aprire una P.Iva, scegliere un nome, un logo, fare il blog, la pagina Facebook e aspettare che qualcuno ti chiami.

Fare la wedding planner VUOL DIRE essere una brava imprenditrice, VUOL DIRE studiare marketing, vuol dire studiare impresa, vuol dire sbagliare, cadere, fare qualche cazzata, ripararla, imparare dall’errore, ripetere tutto.

VUOL DIRE che lavorerai nei weekend, la notte fonda perchè se non fai tu qualcosa non hai la collega che lo farà al posto tuo. VUOL DIRE stare fuori casa 12/15 ore al giorno, spesso anche per due giorni di seguito.

Ma soprattutto, VUOL DIRE che ogni giorno dovrai imparare qualcosa di nuovo.

Se nessuno dice alle mamme come sarà difficile essere mamma, nessuno dice alle aspiranti wedding planner che non basta fare un corso in cui ti insegnano a conoscere i fiori o ad apparecchiare una tavola, perchè NON sono aspetti di tua competenza.

Cioè: devi sapere almeno idealmente quali fiori proporre a luglio e quali a gennaio, rispettando il budget e lo stile della sposa che hai di fronte, ma la tua vera competenza sta nella selezione dei fornitori, nello scegliere un ottimo catering che sappia fare bene il proprio lavoro, che sappia gestire una cucina, che i piatti proposti siano superlativi anche il giorno del matrimonio quando dovranno servire più di 100 persone quasi contemporaneamente.

Devi sapere come gestire questi fornitori, dove puoi intervenire per evitare spiacevoli disguidi, dove puoi modificare e proporre alternative.
Devi anche sapere quando stare zitta.

Immagino che quando hai iniziato ad organizzare il tuo matrimonio tutte queste cose non  le avevi nemmeno pensato.
Hai solo scelto i fornitori (alcuni consigliati, altri trovati tu, altri imposti), detto cosa volevi e loro hanno fatto tutto da soli. Ti è andata molto bene.

Certo, quando poi finisci un evento e sono le tre di notte, ti fanno male le gambe per i mille km fatti, sei a pezzi per aver dovuto pensare a 100 cose contemporaneamente, ma ti rendi conto che è andato tutto bene, realizzi anche che è davvero valso la pena.

Nel mese di Marzo COLORATO DI PINK compie 5 anni.

Non sono stati 5 anni facili, ho imparato tantissime cose grazie al confronto e al supporto con altre colleghe, non avevo capito che dovevo prima essere una esperta di marketing invece che esperta di organizzazione, che non bastava essere conosciuta come “brava organizzatrice” tra le mie amiche per poter sfondare nel settore.

Sono stati 5 anni molto duri, in cui spesso mi sono persa alla ricerca di “lavori che pagavano l’affitto” (cit.) dimenticandomi quale fosse il mio primo, vero e unico lavoro.

Non sono mancati i piantini, i momenti di “adesso mollo e torno a fare la commessa”, i momenti di “non valgo nulla”.

Non mi sono arricchita, ogni sono stata anche più povera di quando lavoravo come segretaria, non sempre sono stata capita dalle persone intorno a me, ma se potessi tornare indietro sapendo quello che so oggi, rifarei tutto da capo.

Proprio a marzo, 5 anni dopo, ecco una piccola grande soddisfazione.

Sono stata contattata nei giorni scorsi da una giornalista di Vivi Milano, l’inserto del Corriere della Sera dedicato alla città.
Il numero dell’8 marzo sarà dedicato alla giovani imprenditrici under 35 e, tra le 30 selezionate, hanno scelto anche me.

Ho già fatto le foto presso la loro fotografa, sono già stata contattata dalla giornalista per l’intervista e l’ho approvata giusto questa mattina.

Non me la tiro mai, di solito non racconto mai i miei successi -e forse sbaglio- ma di questa cosa sono molto orgogliosa e te ne ho voluto parlare.
Quindi, appena sarà tutto pubblicato, ti darò notizia ufficiale. Anzi, credo che ne comprerò un paio di copie in più…!

Un’ultima cosa: a parte il marketing e tutto il resto, non finirò mai di raccontare quale è stata, per me, la cosa più difficile in assoluto.

Non è studiare ogni giorno e non smettere mai di pensare al tuo business (perchè non è che quando chiudi il PC il lavoro finisce…), ma è stato crearmi una routine.
Io, pigra per natura, ho sempre trovato molto difficile iniziare la giornata. Ho impiegato molto tempo a trovare il giusto modo di far convivere il mio essere gufo (cioè una persona che lavora meglio di sera) con gli impegni lavorativi e personali.
La cosa che più mi distraeva non era solo aprire il PC e avere il vuoto su cosa fare, ma riuscire a non perdermi tra impegni personali e lavorativi, che tra un momento e l’altro finisci che ti trovi a passare in giro più tempo del previsto, a tornare a casa troppo tardi e a non avere forze/tempo per… lavorare!
Sembra folle, ma per me è stato così.

Oggi ho fatto un post diverso, tanto per raccontarti anche qualcosa di me.

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